Il business dei cani di razza è un mondo ricco di sfaccettature diverse: da un lato ci sono le “puppy farm”, allevamenti intensivi dove cuccioli e madri sono detenuti in terribili situazioni che oltrepassano di molto le condizioni di maltrattamento; dall’altro c’è chi, improvvisandosi allevatore, decide di acquistare dei cuccioli di razza e, facendoli accoppiare, svende delle vite per il solo guadagno, senza limite e senza controllo. A queste denunce, la replica è però presto fatta: “ma questi sono dei truffatori, ci sono anche gli allevatori onesti”. Contro questi sedicenti truffatori, l’arma che più di tutti viene sbandierata dagli allevatori “onesti” è il pedigree.
Il pedigree dell’ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiana) è il documento ufficiale che riporta la storia genealogica di un cane e ne attesta l’appartenenza ad una specifica “razza”. Ma quali sono le garanzie che abbiamo da questo documento?

Perché se è di garanzie che siamo alla ricerca, l’ultimo recupero effettuato dalle guardie zoofile dell’OIPA di Arezzo in un allevamento di staffhordshire bull terrier, ci mostra come anche il mondo “certificato” degli allevamenti non è così pulito come vuole presentarsi. In un’abitazione privata ormai sfitta nella città toscana, infatti, le guardie zoofile dell’OIPA hanno trovato un vero e proprio allevamento di cani staffhordshire bull terrier – con tanto di certificazione ENCI – nel quale i cani erano stati abbandonati a loro stessi e detenuti in terribili condizioni: da un lato alcuni cani erano reclusi in box dislocati in un boschetto isolato, altri vivevano invece rinchiusi in un box  per auto, mentre altri erano chiusi nel giardino di casa, completamente soli, senza neanche una cuccia come riparo dalle intemperie o dal freddo e con alcune carcasse di animali morti come unico alimento. I proprietari di questo “allevamento”, in seguito ad uno sfratto, avevano deciso di lasciare in quell’abitazione i cani perché diventati troppo costosi da mantenere. In totale le guardie hanno recuperato due cani adulti,3 fattrici di cui una con quattro cuccioli.

Tutti i cani, privi di vaccini, sverminature e delle più elementari cure veterinarie di base, erano però usati come stalloni e fattrici per un allevamento regolare, nel quale però non solo mancano le attenzioni basilari per il corretto sviluppo comportamentale dei cani (cresciuti in isolamento sociale ed in condizioni inadeguate) ma anche delle mere attenzioni veterinarie per cani che, si suppone, debbano essere “sani” per dare alla luce cuccioli “sani”. Le guardie zoofile di Arezzo, dopo aver portato i cani in clinica veterinarie ed averli curati, hanno anche scoperto che non solo le fattrici erano state eccessivamente sfruttate per fare cucciolate a ripetizioni, ma che una di loro aveva un principio di piometra, una grave infezione che colpisce l’utero e che, se non curata in tempo, può essere fatale.

Dopo gli accertamenti veterinari le guardie zoofile hanno dato il via alla ricerca di nuove famiglie che potessero accoglierli e, se per alcuni il lieto fine è già arrivato, altri sono ancora in attesa di scoprire cosa significa essere amati davvero, senza essere sfruttati come macchine da riproduzione.

Scopri cosa si nasconde dietro al mondo degli allevamenti di cani di razza: https://www.oipa.org/italia/non-comprare-adotta/
campagna OIPA contro l’acquisto di cani di razza, a favore dell’adozione consapevole